Il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha iniziato ad occuparsi del tema degli investimenti socialmente responsabili in considerazione, in primo luogo dell’affinità esistente tra le finalità del SRI (Social Responsible Investing) e quelle delle politiche pubbliche.
Gli investimenti socialmente responsabili promuovono la responsabilità sociale, pur garantendo rendimenti finanziari non inferiori a quelli medi, e contribuiscono a dar vita ad un mercato più trasparente, garantendo relazioni economiche di qualità e inducendo comportamenti virtuosi delle imprese.
Il ministero del Welfare ha avviato nel 2002 un importante progetto relativo a “L’impegno sociale dell’impresa”. La primavera scorsa il Ministero ha incaricato alcuni docenti dell’Università Bocconi, guidati dal Prof. Francesco Perrini, di definire i nuovi parametri per la certificazione sociale delle aziende.
A fine 2002, il 13 dicembre, presso l’Università L. Bocconi, sono state presentate ufficialmente le bozze dei nuovi parametri, in occasione di un convegno che ha visto la presenza del Ministro Maroni, del Commissario europeo dell’occupazione e degli affari sociali, del Presidente della Confindustria Antonio D’Amato, e dei segretari Cisl e Uil Savino Pezzotta e Luigi Angeletti.
Il progetto pensato e avviato dal Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Roberto Maroni, riguarda un tema di grande attualità e di notevole importanza per la collettività: l’etica delle imprese e il loro impegno concreto nel sociale.
L’apposito Gruppo di lavoro costituito a inizio 2002 ha subito individuato 2 aree di criticità:
– seppur rilevante, l’impegno sociale delle imprese risulta essere disorganico;
– i parametri di certificazione sociale esistenti sono insufficienti ed insoddisfacenti.
Il Gruppo di lavoro ha definito un nuovo concetto che va ben oltre la Corporate Social Responsability: il Social Commitment o coinvolgimento sociale.
La Corporate Social Responsability identifica la responsabilità sociale dell’impresa verso un comportamento etico e corretto (rispetto per l’ambiente, garanzia di un ambiente di lavoro sicuro, nessun comportamento discriminatorio verso i dipendenti, ecc.).
Il concetto di Social Commitment va oltre il “non comportarsi male” e identifica un comportamento attivo dell’azienda favorevole al bene sociale. Si tratta quindi di iniziative concrete quali l’adozione di confezioni ecologiche, le sponsorizzazioni benefiche, il finanziamento di progetti di volontariato, la creazione di asili all’interno dell’impresa per i figli dei dipendenti.
Lo scorso dicembre è stata presentata la Bozza del nuovo Standard di Certificazione Sociale, che ora è oggetto di discussione con le parti sociali. Nei programmi del Ministero del Welfare la nuova certificazione sociale dovrà essere operativa entro il luglio 2003, mese di inizio del semestre italiano di presidenza UE.
L’impegno del Governo italiano in materia di Certificazione sociale, che rappresenta un’iniziativa per ora unica in Europa, ha uno scopo ben definito: promuovere e incentivare le iniziative sociali delle imprese e dare a queste ultime la possibilità di mostrare la dimensione quali-quantitativa del loro impegno sociale.
Tre sono gli obiettivi che il nuovo documento di Certificazione Sociale si prefigge di raggiungere:
1) incentivare le imprese al Social Commitment, elevando la loro cultura del profitto sociale, che porta ritorni in termini di immagine ma anche ritorni fiscali (articolo 3 delega Tremonti) e finanziari (preferenza nell’accesso a linee di credito dai fondi pensione);
2) indirizzare l’azione sociale delle imprese verso l’Italia e definire con la collaborazione di Regioni, Province e Comuni gli ambiti di priorità;
3) garantire l’effettivo impegno sociale dell’impresa anche dopo il rilascio della certificazione, evitando il mero sfruttamento del potenziale di marketing del Social Commitment, senza che sia abbia peraltro un impegno concreto.
Il Governo Italiano sta prendendo coscienza del fatto che il SRI può svolgere un ruolo sociale e culturale notevole nella comunità finanziaria, promuovendo la costruzione di una società che sia al contempo competitiva e solidale. Ciò non significa ridurre il ruolo dello Stato: al contrario, è attraverso l’azione convergente e ben coordinata del Governo e del settore privato che si possono raggiungere risultati importanti in campo sociale, ambientale e etico.