Relativamente all’attività di IR ritiene che le società quotate stiano proiettandosi verso un ruolo più attivo considerando la comunicazione finanziaria meno legata alla mandatory disclosure?
La documentazione obbligatoria è ormai ampiamente disponibile nel sito, soprattutto quella a periodicità annuale, anche se non sempre appare soddisfacente il livello di affidabilità (si pensi alla limitatezza ed alla generalità dei disclaimer) mentre adeguata è la completezza: ciò però è indicatore di un contenuto informativo troppo dipendente dagli obblighi di legge.
Lo scarso orientamento al futuro, cioè la prevalenza di riferimenti al passato ed al presente, è derivazione della comunicazione di bilancio, a testimonianza dell’assenza di modificazione culturale del processo. Ciò è anche confermato dal fatto che le informazioni prevalentemente divulgate sembrano maggiormente orientate verso quei tipi di dati che non richiedono modifiche o interventi successivi.
Nell’informativa obbligatoria, si osserva un’evidente sovrapposizione con il canale tradizionale, ad ulteriore rafforzamento della considerazione che Internet non solo deve migliorare la cultura comunicativa delle imprese relativamente ai contenuti ma anche alle modalità di fruizione dei medesimi. Si consideri un semplice esempio nell’ambito dell’informativa obbligatoria: si pensi, infatti, ai rari casi di bilanci disponibili in formati tali da permettere maggiore facilità ed immediatezza nella rielaborazione dei dati da parte dell’utente. Con questa osservazione si vede come le potenzialità dello strumento non siano colte dalle imprese e come il processo comunicativo sia ancorato a modelli tradizionali: il formato elettronico deve costituire elemento per accelerare l’utilizzazione delle informazioni. L’esiguità dei formati di immediato impiego è invece indicatore che il passaggio dalla forma cartacea a quella elettronica è soltanto una trasformazione tecnica e non comunicativa, un cambio di strumento e non di oggetto: la situazione prevalente indica la precisa scelta di sostituire la copia cartacea senza avvicinamento al bilancio ipertestuale o elettronico, evoluzione invece necessaria nel breve futuro.
Fino ad ora la disponibilità della documentazione sembra quindi aver risposto alla condivisibile esigenza di risparmio di costi, soprattutto in termini di stampa, di spedizione e di tempi dedicati all’attività in oggetto: prevale quindi ancora un approccio di deposito di informazioni dal quale la documentazione si recupera solamente in modo più rapido ma non difforme dal passato.
Se è vero che le informazioni rientranti nella categoria della voluntary disclosure siano funzionali a far percepire al mercato il valore generato dall’impresa, qual è il giusto equilibrio tra riservatezza e trasparenza?
Elemento fondamentale è la comunicazione delle strategie perseguite e del grado di realizzazione. Ciò presuppone la diffusione di molteplici informazioni, non poche delle quali legate al business, che, a titolo esemplificativo, sono relative:
- al mercato, inteso come contesto economico di riferimento, ai vincoli/opportunità ad operare, alle dinamiche competitive, all’evoluzione attesa; al posizionamento competitivo ed al confronto con i concorrenti, ai driver di valore, ai risultati competitivi raggiunti, alle caratteristiche del business model;
- ad alcuni elementi fondamentali per il mantenimento duraturo del valore, quali l’innovazione tecnologica, l’attività di ricerca e sviluppo, le politiche sui clienti e le relazioni con i fornitori.
Quanto fino ad ora detto contrasta però con il fatto che la propensione delle società a comunicare si riduce all’aumentare del livello di analiticità dell’oggetto. L’informativa volontaria evidenzia una sostanziale tendenza alla riservatezza o alla generalità. Le informazioni hanno più carattere giornalistico che economico. Si è pertanto ancora lontani dal passaggio, sempre più richiesto dal mercato, dal financial al value reporting, dal quale dovrebbe emergere la strategia del valore perseguita: l’eccessiva genericità abbinata alla relativamente diffusa carenza informativa, mal si legano a quanto si vorrebbe conoscere. Inoltre, sempre in termini generali, emerge più un orientamento verso le risorse materiali a scapito delle immateriali, anche da parte delle imprese tecnologiche, mentre è noto come sia invece rilevante il ruolo delle seconde.
In che modo, secondo la sua esperienza, è possibile differenziare l’offerta informativa ai diversi tipi di audience?
Tale differenziazione dovrebbe rappresentare una peculiarità di Internet: non si individuano, nella realtà, modalità specifiche utilizzate dalle imprese, per differenziare l’offerta informativa in base al maggiore o minore professionalità ed esperienza dell’utente.
Sarebbe invece molto utile che l’utente professionalmente disponesse di formati specifici, prontamente elaborati e predisposti in modo tale da permettere l’immediata confrontabilità spazio-temporale. Ciò si potrebbe ottenere dedicando parti di sito a soggetti particolari (oggi si rilevano alcuni casi per i giornalisti finanziari) oppure attraverso la possibilità di personalizzare il sito con percorsi guidati, tipici delle sezioni non finanziarie (ad esempio l’area commerciale).
Bisogna infatti considerare che con Internet vi è la sostanziale modificazione del flusso comunicativo o, meglio, del soggetto che lo attiva: dall’azienda che diffonde informazioni, al pubblico che le ricerca.
La possibilità di poter accedere ai documenti societari in diversi formati, attraverso un download centre, è senza dubbio un aspetto assai richiesto.
Soprattutto gli analisti finanziari ritengono fondamentali la possibilità di operare delle rielaborazioni ai valori di bilancio, operazione non certo possibile con il semplice formato Pdf.
Malgrado questa esigenza, i casi in cui alcune parti del bilancio (le tavole) siano in Excel sono minimi. Anche il formato Html, importante per sfruttare l’ipertestualità e la multimedialità appare sostanzialmente carente: in definitiva vi è il prevalere di bilanci cartacei disponibili sul web. L’utente è certamente interessato a questo servizio, che valuta positivamente ma altrettanto cerca, nel sito, una modalità difforme di consultazione delle informazioni finanziarie che, invece, è assente: per tale ragione molteplici sono gli spazi di miglioramento in tal senso.
Il linguaggio ipertestuale permette di trasformare la comunicazione finanziaria in comunicazione sul valore, in quanto è possibile collegare le informazioni rientranti nell’informativa volontaria tra loro e con quelle obbligatorie, fornendo in tal modo un quadro completo sulla realtà economica indagata.
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Claudio Teodori, professore di Economia presso l’Universita’ degli Studi di Brescia